La
situazione aveva preso una piega inaspettata.
Stavo
facendo allenamento. Preparazione atletica, nello specifico scatti, balzi e
allunghi in velocità. Eseguivo ogni esercizio per tre volte, ma ad ogni pausa
alternavo esercizi di stretching. Al penultimo allungo – trenta metri –
l’interno coscia destro ha deciso di fare di testa sua.
Stavo
spingendo deciso con la punta del piede destro per sfruttare il massimo di
distensione della gamba – avevo scoperto che in tal modo i mae geri diventavano
molto più lunghi ed esplosivi – quando d’improvviso ho sentito il muscolo
accorciarsi come se dovesse diventare una palla.
Il panico.
Il primo
pensiero è corso all’idea peggiore. Mi sono accasciato. La mano è andata subito
a premere il muscolo. Non è stato un atto volontario. D’istinto, ho infilato la
punta delle dita della mano sinistra dentro il muscolo e ho evitato la
contrattura senza ritorno, nonché il dolore immenso che si trascina dietro.
Francy, la
mia compagna, che mi stava assistendo nell’allenamento, mi è corsa incontro.
Seduto a
terra, un senso di nausea mi è salito dallo stomaco. Mi sono messo a respirare
a fondo, mentre il sole mi picchiava sulla faccia e Francy, vicino, mi
guardava.
Sono
rimasto immobile. Il ginocchio piegato fino al petto, la mano sempre lì.
“Calmo”
continuavo a ripetermi. Sapevo che dominare quei primi attimi sarebbe stato
cruciale. Li lasciai scorrere, come un’onda di terrore e di dolore che dovesse
per forza passarmi attraverso.
E così fu.
La contrattura mollò l’osso, la sensazione di vomitò la seguì, e io potei
girami verso la mia compagna.
“Ti prego,
Christian, sei volato! Anzi, prima hai avuto uno scatto stranissimo della gamba
e poi ti ho visto a terra. Cosa è successo?”
“Una
contrattura, fortissima”
“Sicuro che
non sia uno strappo?” la guardai terrorizzato. Non solo significava l’addio al
campionato europeo, ma avrebbe avuto ripercussioni enormi sul mio lavoro per
anni.
“Spero di
no.” Fu letteralmente una preghiera.
Rimasi
ancora un pò giù, poi lei mi aiutò ad rialzarmi. Distendevo a malapena la
gamba. Di appoggiarla, nemmeno a parlarne.
“Non lo so
...” le dissi
“Se fosse
strappato, penso sarebbe insopportabile.”
“Lo penso
anch’io.”
Sono rimasto
fermo per una decina di giorni. Poi, un poco alla volta ho recuperato. Aveva
avuto ragione lei.
Adesso ho
ripreso ad allenarmi. Per esperienza so che questi sono avvisi da non
trascurare.
Comunque,
siamo ancora in careggiata. Oggi mi trovo con i miei allievi migliori che mi
faranno sia da sparring che da supporto.
Si
continua.