18 settembre 2009

Intervista a Giulia Gasparini



Giulia Gasparini nasce a Venezia il 13 marzo 1991.
Uscita dalle scuole medie con “buono”, attualmente frequenta il 5° anno del liceo Sarpi.
Inizia la pratica del karate all’età di 7 anni; diventa cintura nera a 16 anni e lo scorso 31 maggio ha conseguito il 2° dan.
La prima gara alla quale partecipò fu una di combattimento all’età di 9 anni. Vinse.

Maggiori titoli vinti:
Trofeo Italia, Carpi 2002 kumite 1° class.
Campionato italiano, Voghera 2004 kata 2° class.
Campionato italiano, Roma 2006 kumite sportivo 1° class; kumite tradizionale 3° class.
World open shotokan karate championship, Venezia dic. 2007 kumite sportivo 2° class; kumite tradizionale 2° class.
European open karate, Caorle maggio 2008 kumite e kata 3° class.
World shotokan karate Championship,Venezia ottobre 2008 kumite 1° class; kata 3° class.


M°: Cara Giulia, la prima domanda che ti pongo è una classica: cosa ti ha spinta a fare karate?
G: L’idea veramente è partita da mia madre. Come fanno spesso i genitori, si era informata presso amici e l’avevano caldamente consigliata in favore dell’ACCADEMIA. Io ho semplicemente seguito un suo consiglio. Poi la cosa mi preso soprattutto quando mi hai introdotta nella squadra agonisti.
M°: Sei quindi competitiva?
G: Fortemente; amo essere sfidata.
M°: Ti consideri cocciuta?
G: Tantissimo, fino alla testardaggine.
M°: Se bilanciate da un cuore puro e da una mente umile, sono ottime qualità per andare avanti nella vita.

M°: Parliamo del campionato italiano 2007, quello di Roma.
G: Quello è proprio nel mio cuore!
M°: Come mai?
G: Per tutta una serie di motivi: tanto per cominciare tu, M°, eri riuscito per la prima volta a portarci ad una competizione di alto livello completamente spesati dagli sponsor. Il viaggio in aereo, l’albergo, il pulmino a nostra disposizione per andare dall’albergo al palazzetto, le borse, le tute. Ci hai fatto sentire come una vera e propria squadra di alto livello. Non solo, ma era il mio primo volo e non stavo nelle pelle dall’eccitazione.
Quando arrivammo al palazzetto poi, la carica e l’energia che si respirava là dentro era cosi forte e piena che la si poteva tagliare con il coltello. Era pieno zeppo di atleti ovunque. Fu, allo stesso tempo, bellissimo e terrificante.
Quando abbiamo cominciato a scaldarci io ho cominciato a concentrarmi sulle mie tecniche preferite: kizami- zuki, giakuzuki, mawashigeri.
La finale fu, a mio avviso, un capolavoro di intesa tra M° e allieva. Vi arrivai quasi senza rendermene conto. Giungemmo allo spareggio e il nostro lungo lavoro in palestra sulle tecniche codificate diede i suoi frutti. Ad un certo punto infatti, tu mi facesti un segnale, che potremmo definire criptato; il mio avversario non fu in grado di capirlo ed io partii con la tecnica che tu mi suggeristi .Colsi l’avversaria totalmente impreparata sconfiggendola. La gioia, non solo mia, ma di tutta la squadra fu enorme.
Mi voltai e ti vidi felicissimo.
M°: Lo ero.
M°: C’è un ponte tra il karate e la tua vita personale?
G: Certamente! L’allenamento con te ed i miei compagni di squadra, entrambi per me importantissimi, mi ha insegnato a concentrarmi di più a scuola e a prenderla più seriamente. Insieme a voi ho imparato a prendere le cose come una sfida per migliorare ed andare avanti.
M°: A che tipo di persona consiglieresti di intraprendere la pratica con noi?
G: Il tipo di karate che noi facciamo è, secondo me, appropriato per le persone fragili soprattutto dal punto di vista psicologico.
M°: Perché?
G: Ritengo che la paura svanisca soprattutto con la pratica: i colpi che riceviamo possono essere una ottima scuola. Come tu ci insegni, se invece di impaurirmi cerco di capire la modalità con la quale i colpi sono giunti a bersaglio, imparerò sempre di più come affrontarli e constaterò,oltretutto, che se mi muoverò abbastanza velocemente potrò anche pararli e schivarli.
Tale processo aumenterà la mia autostima e mi porterà, di conseguenza, ad avere maggior fiducia nei miei mezzi fisici e tecnici, arrivando infine così ad allontanare anche lo spettro della paura.
M°: Qual è il tuo sogno nel cassetto?
G: Un posto nella Squadra Nazionale italiana.
M°: Kata o Kumite?
G: Mi piacciono tutti e due ma preferisco il kumite!
M°: Per quale ragione?
G: Tanto per cominciare nel kumite si è in due mentre il kata è una continua lotta solitaria.
Nel kata bisogna eseguire dei movimenti difficilissimi in maniera impeccabile, e ciò è già di per sé stimolante, ma nel kumite bisogna usare la strategia, l’astuzia, capire il senso del lo spazio e del tempo.
Trovo affascinante la tattica di battaglia.
M°: Cara Giulia ti ringrazio per la disponibilità. Continua su questa strada. Oss
G: OSS, Maestro e grazie a te di tutto invece.

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