Guardo l’atleta in gara. Lo osservo nell'esecuzione del suo kata, abbastanza potente e reattiva, anche se non molto pulita.
Ho il fiato un po’ corto. Non mi piace come mi sento. Non si tratta soltanto di muscoli. E’ più generale. Allo stesso tempo qualcosa mi sfugge, e mentre sta fuggendo si porta via tutta la mia forza, e con essa anche la sicurezza e la confidenza nei miei mezzi.
Fin da piccolo la cosa più importante nelle gare stava nella mia sensazione: nel come io la percepivo, o meglio, nel come io mi percepivo nei confronti della competizione.
Non ho cominciato a vincere da subito. Come tutti, mi sono dovuto mangiare il mio pacchetto di anni di sconfitte. Poi, dopo esser riuscito a correggere gran parte degli errori, ho cominciato a vincere. A poco a poco la striscia di vittorie ha cominciato farsi sempre più lunga. E lì, è cominciata a emergere la sensazione. Dapprima non si trattava di qualcosa che percepivo in maniera razionale. Era una sorta di sicurezza che aveva cominciato a formarsi grazie al numero di vittorie. Arrivavo al palazzetto con la sensazione di essere l’atleta da sconfiggere e questa emozione alzava in maniera impressionante la mia confidenza.
Ecco, ora sento chiaramente che la sto perdendo, la confidenza. Non so bene cosa stia succedendo ma sta scivolando via come acqua. E io non posso farci niente.
Non solo, andandosene, sta lasciando spazio a dubbi e a riflessioni che in una finale mondiale possono minarmi fin dentro l’anima. So per esperienza che una piccola crepa poco prima di cominciare può tradursi, poi, in un disastro. Potrei rimanere travolto da me stesso. Ma ho anche imparato un’altra cosa, in quarantadue anni di gare. E così mi allontano dal tatami.
Non dare altra energia alla gara. Tienila per te.
Mi isolo. Provo a tirare qualche raffica di pugni e calci. Cosa mi succede? Sento il sangue fluire tutto sulle gambe, andandosene così via dagli occhi. La vista mi si annebbia. Non capisco. Ho perfino un piccolo capogiro. Prendo la bottiglietta dell’acqua e bevo a garganella. Alla mia età, quasi cinquant’anni, la disidratazione può essere un nemico infido, subdolo e mostruosamente efficacie. Eseguo delle ampie respirazioni e cerco di cacciare via tutti i pensieri negativi. Mi arrabbio:
“Ricordati chi sei, per Dio. E oggi farai vedere qualcosa di speciale ai tuoi allievi e a tutti gli Dei del karate.”
“Si prepari Christian Gonzales”, sento la voce del giudice di sedia. Vedo i miei allievi girarsi verso di me. Silenziosi mi guardano. Hanno già fatto la loro gara e molti hanno anche vinto. Leggo nei loro occhi tensione e rispetto.
Dopo l’ultima prova sono sotto di due decimi. Dovrò giocarmi il tutto per tutto. Ora, mi lancerò insieme al mio cavallo di battaglia: Unsu. Mi avvicino al tatami, piano. Non per paura. Voglio prendere il controllo assoluto della situazione. Attirare gli sguardi, e assorbire quanta più energia è possibile da tutto e tutti.
Ora, comando io. Se la gente mi sentisse fare questi ragionamenti … Non importa so quello che faccio! Smettila di pensare e tira come non hai mai fatto in vita tua! Decido così di entrare nel mio territorio, dove solo io ho accesso. Mi sistemo bordo quadrato. Gli arbitri mi guardano. Io fisso quello centrale. Adesso è tra me e te. Ed entro.
Risultato finale:
Oro: Gonzales, kata sq (Badolin, Ventura, Facchini), Facchini, Malafante, Bognolo, Garozzo
Argento: Manazzone, Ventura, Di Giandomenico
Bronzo: Morellato, Badolin, Patrizio, Troni
Un caro saluto, Christian Gonzales Y Herrera
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