Cari amici, lo scorso week-end sono andato all’OPEN DE PARIS di karate. Tale Open, tenutosi presso il bellissimo Stade De Sport De Coubertain, fa parte del nuovo circuito mondiale chiamato PREMIERE LEAGUE ed è considerata la Formula 1 del karate mondiale. Non solo, ci sono anche premi in denaro per i primi tre classificati e attraverso una serie di competizione a carattere mondiale, verrà stilato il primo ranking mondiale. Arrivato lì, preso dall’euforia del momento, visto che ci si poteva liberamente iscrivere la sera prima, mi sono fatto trascinare dai vecchi ricordi. Infatti era lo stesso palazzetto dove ho vinto un titolo europeo nel neolitico 1984!!!!! e ritrovarmi a gareggiare più di un quarto di secolo dopo con gli attuali mostri del karate mondiale, mi ha divertito moltissimo. Per la cronaca, bruciato da un giovane scattante ventenne inglese, ho avuto la mia bandierina da un arbitro probabilmente commosso da tanto azzardo! Quasi tutti i più forti atleti del panorama mondiale, sia di kata che di kumite, erano presenti, ed hanno dato vita ad una bellissima gara che mi sono pienamente gustato. Gli atleti del Kata erano forti, compatti, precisissimi. Diaz, il campione del mondo in carica, era allo stesso tempo fortemente determinato, ma anche tranquillo e rilassato. Quando mi è passato a fianco nella training-area prima della gara, ho percepito un’atleta consapevole ma anche molto tranquillo e pacifico. Niente del suo atteggiamento tradiva superbia o arroganza. La sensazione che ho riportato è stata piacevole. Nessuno degli atleti presenti ha comunque dimostrato nessun interesse per il campione. Quando sei in gara, la giusta condotta pre-competizione può dimostrarsi, a volte, determinante. Dargli importanza significa dargli potere e con campioni di tale calibro ogni dettaglio conta. Sicuramente Diaz conosce tutti questi particolari e, come piace dire a me, passa sopra le nuvole e tiene il sole solo per sé. D’altronde il grande campione tiene sempre una sua ben precisa condotta di gara. Mentre tutti intorno si spolmonano nelle fasi di riscaldamento per portare la propria macchina-corpo alla temperatura giusta e quindi alla velocità e alla potenza proprie massimali, egli se ne sta perfettamente fermo, tranquillo. Sguardo fisso, atteggiamento rilassato, quasi a dire:“ fate, fate io intanto, ho già individuato dove devo andare e per voi non c’è più niente da fare”. Gli atleti del kumite erano tutti di base incredibilmente atletici e reattivi, e si potevano raccogliere in categorie. Gli uomini di colore si muovevano come delle vere e proprie pantere che nemmeno la lunga statura rallentava. Tra i bianchi, i latini (tutto il sud America, Spagna e Portogallo) erano sempre molto all’attacco, ma anche abbastanza tattici, aspettando spesso il momento di debolezza dell’avversario. Slavi, turchi e algerini erano i meno tecnici e puliti, ma estremamente essenziali, raggiungendo spesso e volentieri l’obiettivo. Pugni e calci pieni e forti erano presenti in gran quantità, ma nessuno si è lamentato. Piedi in perfetto appoggio, velocità di cambio di guardia, calci altissimi e rapidissimi con improvviso cambio verso terra del piede calciante per eseguire spazzate che letteralmente sollevavano l’avversario da terra e lo schiantavano pesantemente al suolo; e lì una scarica di pugni o di calci attendeva il malcapitato determinando il punteggio o la vittoria …. dell’altro. Gara molto sentita poichè tutti volevano portare a casa punti per il ranking mondiale. Ho particolarmente apprezzato l’atmosfera parigina molto calda con un pubblica partecipe e ricco di ardore, voce e fierezza di casta. Non erano rari infatti, i boati di partecipazione per le tecniche più spettacolari. I grandi tabelloni elettronici si son dimostrati di gran effetto scenografico e il nuovo sistema di bandierina elettrico con quattro arbitri è stato molto efficace. Notevole la passione agonistica soprattutto tra algerini e francesi: l’ex-colonia non ammette più padroni. Sono tornato a casa veramente felice anche per la direzione tecnica che il karate mondiale sta prendendo. Un caro saluto a tutti, Christian
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