3 ottobre 2011

European Master games di karate, 17 ottobre









Giorno 2

Il giorno della gara alfine arrivò. Svegliato dalla forte luce che entrava dalle ampie finestre della nostra camera d’albergo, mi alzai dal letto. Mi girai, e vidi Battiston che cercava di togliersi dal torpore, pure lui.

“Dormito bene?” gli chiesi. Mi guardò e il suo sguardo, intontito, valse più di mille parole. Eh, già, certe emozioni non cambiano mai. Dopo due ore ci ritrovammo sul tatami a scaldarci , pronti, reattivi e non poco nervosi. Quando cominciò la mia categoria cercai di isolarmi da tutto e da tutti. Incredibilmente, si trovano sempre quelli che, vuoi per il nervoso, vuoi per altri motivi a me perfettamente sconosciuti, vengono in cerca di te, e non la smettono più di parlare. Ad un certo punto riuscii a sfuggire alla mortale presa di questo atleta intento a spiegarmi tutto riguardo i regolamenti di gara di kata e potei, finalmente libero, tuffarmi nelle miei sensazioni. Poco a poco, tra lo stretching, il collaudo di pezzi di kata, più o meno forti, un sorso d’acqua e l’ennesimo passaggio in gabinetto, portai la macchina-corpo a temperatura. Come il comandante di un aereo controlla che tutte le spie siano accese , così feci io, valutando pressione, scorrevolezza, scioltezza sia dei distretti muscolari che delle tecniche di kata. Sentii, con soddisfazione, l’esecutore di kata che è in me svegliarsi e rispondere a tutti gli impulsi e stimoli che gli stavo mandando. Percepii La macchina-corpo, per l’esecuzione di kata, pronta. Ottimo. Chiamarono il mio nome quindi mi avviai davanti ai giudici, insieme al mio avversario, per il rituale del saluto, e presi possesso del campo di gara. Si , è proprio questo che pensai:

“ ..questa è casa mia …”.

Esplosi in un kata che aspettava da mesi di esprimersi. Ogni movimento fu una risposta alla grande fatica degli ultimi tre mesi. Concentrandomi e focalizzandomi, mi lanciai, forse anche troppo, ad ogni esecuzione di tecnica. Dico anche troppo, dato che dopo, quando mi guardai al video, notai subito i passaggi che mi erano sfuggiti. La tensione accumulata aveva fatto qualche danno, così per il turno successivo, mi ripromisi che avrei controllato di più le pause. Con l’esecuzione del kata Empi, un po’ più rilassata, riuscii ad esprimermi a livelli migliori, cercando di mantenere la mente più lucida. Riuscii, particolare di cui sarei poi stato contento, a correggere certi passaggi in esecuzione d’opera, cosa che non si fa mai, dato il grande rischio di incorrere in errori anche peggiori. Cercai di mantenermi sciolto per tutta l’esecuzione, tenendo un po’ di energia per il salto finale. Riuscii ad eseguire un buon scatto da terra, in aria mi avvitai su me stesso, trattenni le ginocchia al petto il più possibile, e poi con grande determinazione scagliai i piedi al suolo in cerca dell’appoggio e della stabilità di posizione. Ebbi così accesso alla semifinale. Puntai, anche in questo caso, su un kata spettacolare e molto reattivo, con calci laterali e salti: kankusho. Il rischio era notevole, dato che vi sono ben due salti e, se non si mantiene un buon ritmo, il kata rischia di affossarsi … insieme al suo esecutore. Un’ultima occhiata al video. Realizzai che dovevo gestire meglio le fasi lente, renderle più elaborate, eleganti, ed esprimere un carisma ed una personalità che avrebbero reso il kata molto difficile da battere. Partii così per la terza e determinante prova della giornata. Trovo molto difficile eseguire tecniche sparate al massimo della velocità, alternandole ad altre molto lente. Il tipo di atteggiamento mentale e spirituale è completamente differente. Per quanto mi riguarda, nella parte esplosiva attingo ad energie soprattutto fisiche, mentre per le altre a quelle più intime, emotive, che possono andare a toccare delle corde personali molto delicate. Rimasi concentrato fino in fondo. Passai 5 a 0. Ma pagai molto, sopratutto dal punto di vista di energie nervose. Mi garantii la finale , che però sarebbe stata nel pomeriggio, dopo le fasi eliminatorie di combattimento …

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